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I BAMBINI CI GIOCANO

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(Il titolo dell’articolo è tratto da un documentario “I bambini ci giocano” del 1950 commissionato da don Gnocchi a Cesare Zavattini e Vittorio De Sica sulle bombe e mine inesplose dopo la seconda guerra mondiale che è stato restaurato nel 2008 e accompagnato da immagini legate alla contemporaneità)

Era il 7 Aprile, un mercoledì, ed eravamo in riunione con la redazione Increscendo: ci hanno detto che la domenica appena trascorsa (4 Aprile) era stata la Giornata Internazionale per la Sensibilizzazione sulle Mine e l’Azione contro le Mine. Questo ci ha un po’ incuriosito e abbiamo voluto approfondire l’argomento per capire perché è stato necessario istituire una giornata di questo tipo. Dopo aver letto alcuni articoli e discusso in classe abbiamo capito che il problema delle mine, su cui non avevamo mai riflettuto, è enorme: ci sono infatti moltissimi posti nel mondo in cui si trovano mine e bombe pronte ad esplodere. Le mine antiuomo sono ciò che di più terribile ci hanno lasciato le guerre che si sono svolte negli ultimi decenni. Le mine infatti costano molto poco e per questo sono state utilizzate in grandi quantità da tutti gli eserciti, sia quelli regolari che dei guerriglieri. Il grosso problema è che, dopo la fine dei conflitti, le mine restano attive per decenni: sono soldati perfetti, non mangiano, non dormono e fanno sempre la guardia, diventano armi senza padrone, che scelgono da sole le proprie vittime. Il costo medio di una mina è bassissimo, pochi euro, ma disattivarla costa diverse migliaia di euro (almeno 5mila). Ma non basta, le operazioni di bonifica richiedono tempi lunghissimi. Quasi sempre le vittime di queste dimenticanze sono civili. Nel mondo i più colpiti, soprattutto mentre giocano, sono bambini o adulti durante il lavoro nei campi, o durante gli spostamenti, persone che muoiono per aver messo un piede nel posto sbagliato. Ciò che più di tutto ci ha sconvolto è che molte delle mine create vengono costruite appositamente per colpire i bambini: hanno forme particolari, “Pappaghalli verdi” li chiamano o farfalle. I fabbricanti di armi chiamano il risultato ottenuto quando un bambino raccoglie una mina scambiandola per un gioco e ne viene ucciso o mutilato, Top Perfomance, prestazione ottimale. Ma perché colpire proprio i bambini? Abbiamo letto un articolo tratto da “Today” plurisettimanale telematico, in cui si parla di un chirurgo che anziché andare in pensione ha deciso di mettersi al servizio degli altri. Ha aderito a "Medici senza Frontiere" e oggi va in giro per il mondo a salvare vite umane nelle zone di guerra. Nel 2019 era in Yemen. E racconta ad un giornalista che l’accanimento sui bambini è impressionante. Loro infatti sono più vicini alla terra, come altezza, e quindi vengono investiti in pieno dalle schegge, i frammenti metallici si diffondono ovunque e non finiscono soltanto nell’arto coinvolto, ma anche nell’altra gamba, nell’addome, nei genitali. Ricorda quando, sempre in Yemen un bambino di tre o quattro anni arrivò con le dita di una mano completamente spappolate e lui ha dovuto amputargliele Era uscito fuori a giocare e aveva trovato una lattina, che poi è scoppiata. Era stata messa lì proprio per attirare l’attenzione dei bambini. Anche una pediatra di Msf che era in Siria nel 2018, racconta in un articolo al Corriere di Dacia Maraini che sono stati riempiti di mine gli oggetti più innocui: pentole, teiere, scatole di pomodori. Poi i bambini, che lì non hanno nulla per giocare, li prendono in mano e saltano per aria. Racconta di un caso particolare, una famiglia di contadini, padre, madre e cinque figlie fra i 4 e i 13 anni, che spesso stavano sul tetto a stendere i panni o sistemare la legna. Una mattina una delle bambine vede per terra un oggetto che luccica, si avvicina e quello esplode. La più piccola ha perso le gambe, la seconda ha avuto una gamba maciullata, la terza un piede frantumato, la quarta e la quinta hanno subito ferite e fratture in tutto il corpo.

Dietro la volontà di colpire i bambini c’è infatti una “strategia perversa”: un bambino o una persona rimasta mutilata dalle mine non potrà mai imbracciare un fucile, non sarà mai pericoloso né potrà fare resistenza. Ma non potrà mai nemmeno prendere in mano una zappa, non sarà mai in grado di lavorare, tantissime persone mutilate avranno un impatto di lungo periodo sull’intera società 

Al confine tra Iran e Iraq ci sono moltissime mine inesplose che risalgono alla guerra tra i due stati (1980-1988). E qui ancora si muore o le persone rimangono invalide. Ci sono 18 tipologie di mine in quei luoghi, 10 sono italiane (da articolo del Corriere della Sera Giugno 2019). La più terribile è la Valmara V69, la più diffusa al mondo, colpisce fino a 50 mt di distanza. È made in Italy. Ora l’Italia non produce più mine per fortuna ma ha lasciato in questa zona migliaia di chilometri di terre da bonificare e di conseguenze, persone, per lo più civili fra cui bambini che per sbaglio le calpesteranno e moriranno o rimarranno invalide. 

Per contrastare armi tanto terribili e disumane, il 3 dicembre 1997, viene istituito il Trattato di Ottawa, con la firma di 122 Stati, i quali s’impegnano a osservare diversi obblighi per lo smantellamento delle mine anti persona. Il I marzo 1999, il Trattato di Ottawa entra ufficialmente in vigore. L’Italia ha firmato il Trattato di Messa al Bando delle Mine il 3 dicembre 1997 ed è divenuta stato parte del Trattato il I Ottobre 1999.

Dopo aver letto tutti questi articoli abbiamo compreso il senso di questa giornata che, come altre, dovrebbe essere ricordata ogni giorno per evitare di ripetere errori così grandi che avranno conseguenze ancora per molti anni futuri (con la speranza che tutto il Mondo arrivi a firmare il trattato di Ottawa e non si vendano più mine antiuomo).

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Wassim Fheri

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